VOILA’ … LA POLITIQUE! – Tecnologia e Lavoro [1a parte] di G.Intaglietta

Negli ultimi due secoli il rapporto tra la quota di tempo dedicata all’onere di procurarsi l’occorrente per vivere, che per comodità, definiremo orario di lavoro, ed il totale di tempo a disposizione per sé, ha subito un trend che, pur non avendo avuto un andamento perfettamente lineare, si è via via ridotto, passando dalle 14 ore al giorno (con punte di 17) alle attuali 8.

Negli ultimi due decenni però, almeno nella maggior parte Paesi occidentali, e segnatamente in Italia, si è avuta un’inversione di tendenza: chi entra nel mondo del lavoro in forme sufficientemente stabili tende a dover dedicare più tempo a questo scopo di quanto ne dedicano (o ne hanno dedicato) le generazioni precedenti.
Il principale imputato di questa situazione nuova è ‘la flessibilità e quindi tutta la precarizzazione del mondo del lavoro.
E’ probabile che, in futuro, il problema sia essere destinato ad una soluzione, ma l’incognita è la tempistica: si tratta solo di un ‘inciampo’ di (relativa) breve durata e che quindi si ricomporrà nel giro di pochi decenni, oppure siamo di fronte ad un declino di lunga durata?

Un principio che ha un ruolo importante in questo contesto è la coscienza di classe: la contrapposizione che porta alla lotta tra classe sfruttante e classe sfruttata è un elemento determinante per il trend precedentemente descritto.
Quando iniziò la rivoluzione industriale furono subito evidenti gli enormi profitti generati dai lavoratori, ma incassati dagli imprenditori. Nonostante ciò non vi fu nessun riallineamento automatico, il surplus veniva conteso – in maniera non molto diversa da quello che ancora oggi è riscontrabile – tra i lavoratori che lo generavano ed i proprietari degli strumenti che lo permettevano.

Il riconoscimento di un limite temporale al lavoro giornaliero del salariato rappresentò ben presto una delle principali rivendicazioni dei lavoratori e sindacali nel sistema delle fabbriche. 

Nonostante le condizioni che oggi definiremmo disumane, le regolamentazioni dell’orario di lavoro tardarono ad affermarsi per via legislativa. Anzi negli ultimi decenni del diciottesimo secolo, si registrò un notevole peggioramento in termini di orario di lavoro, nel senso che questi si allungarono notevolmente rispetto ai decenni precedenti. A seguito di ciò si registrarono le prime iniziative di lotta dei lavoratori finalizzate all’ottenimento di una riduzione dell’orario di lavoro.

Ben presto l’ambiziosa battaglia per le otto ore giornaliere accomunò la classe operaia della gran parte dell’Europa, ma i primi successi furono conseguiti solo dopo la Prima guerra mondiale.

In Italia, con l’avvento delle contestazioni di massa della fine degli anni ’60 (in particolare il cosiddetto Autunno caldo del 1969), si ottenne un graduale raggiungimento delle quaranta ore settimanali.

Nonostante questo trend si sia positivamente sviluppato praticamente in tutto il mondo occidentale, negli ultimi decenni cessa di essere alimentato dalle lotte di classe, e quindi si ferma. [Segue]

Dott. Giorgio Intaglietta

 

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