COBRA AT – Letto, firmato e sottoscritto

IL TURNO NOTTURNO (22.00 – 06.00): maggiorazione 40% + incidenza sugli “ISTITUTI”

In Cobra, il trattamento economico per chi effettua il turno notturno (22.00 – 06.00)è a tutt’oggi disciplinato dall’accordo aziendale del 06 maggio 2008 (vedi sotto):
 

In particolare, per chi lavora sul 3° turno, a decorrere dal 1 giugno 2008 sono previsti:

  • Riconoscimento di una maggiorazione del 40% sulla paga oraria;
  • Rilevanza sulla maturazione degli istituti diretti ed indiretti;



Come ricordato anche nelle recenti assemblee, dalle verifiche delle buste paga emergerebbe come non sia stato completamente rispettato quanto previsto riguardo gli istituti.


ESEMPIO: Lavoratore 4° Livello – 2 scatti anzianità

Proviamo a fare una stima prudenzialeconsiderando solo 4 istituti (Ferie, PAR, Festività e 13a):


Paga Mensile:         € 1648,79 [4° livello + 2 scatti + Fascia]

Anno Considerato: 2013

3° turno:                   14 settimane in un anno

La mancata retribuzione stimata, con 14 settimane di 3° turno, per il solo 2013 è: € 514


Considerato che rispetto la rilevanza degli istituti l’accordo non sarebbe mai stato rispettato, andrebbero calcolate le differenze anche sugli anni precedenti.

I delegati del Sindacato ASA, sono a disposizione per chiunquevolesse chiarimenti


CUD 2014: DETASSAZIONE PRODUTTIVITA’

Segnaliamo infine che da una verifica del CUD 2014 (Pto. 251), emerge che l’azienda ha certificato (parzialmente) i redditi di produttività del 2013.


I lavoratori potranno recuperare la differenza di imposta (fino ad oltre € 500 netti)

con la denuncia dei redditi (modello 730-2014)


Ricordiamo che il Sindacato ASAassiste gratuitamentei propri iscritti per la compilazione del modello 730.

Diseguaglianze Sociali “in aumento”

Fonte: ISTAT

Tra il 2005 e il 2013 il numero dei poveri in Italia è raddoppiato:

– otto milioni e mezzo di cittadini italiani vive in condizioni di povertà relativa;

– cinque milioni di cittadini italiani vive in condizione di povertà assoluta.

Fonte: BANCA CREDIT SUISSE

Tra il 2011 e il 2012, ci sono in Italia 127 mila persone in più, con una ricchezza superiore a un milione di euro ( attività finanziaria e investimenti in borsa ).

Fonte: ISTAT

– Il 21,2% delle famiglie italiane non può riscaldare la propria casa;

– il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio povertà;

– gli abbandoni scolastici precoci è al 18,2% ( Europa al 13,5%);

– la percentuale italiana laureati è il 13,8% mentre quella Europea è al 30%;

– negli ultimi 10 anni sono diminuite del 40% le iscrizioni universitarie del ragazzi con diplomi tecnici, mentre sono aumentate quelle dei diplomati dei licei dell’ 8%.


Un Sistema tornato ad essere classista

Vorremmo suggerire a chi ci governa “ che un paese ignorante è un paese perdente su tutti i fronti”.

Forse questo farebbe molto bene a quella classe dirigente di Confindustria, che per bocca del suo massimo dirigente Ing. Squinzi, tutti i giorni chiede per le imprese (sue associate):

meno tasse, più investimenti statali, più libertà di mercato, meno vincoli sindacali, meno diritti per i lavoratori, più flessibilità sulle leggi ambientali, ecc.


Per fare cosa?

Fabbriche in Cina o nei paesi del terzo mondo, soldi in Svizzera o nei paradisi fiscali e debiti e macerie industriali in Italia? La dichiarazione dei redditi 2012, siamo a 20.680 euro annuo per i dipendenti, contro i 20.469 euro dei datori di lavoro.


TANTI POVERI E TANTI EVASORI.
 

VOILA’ … LA POLITIQUE! – Tecnologia e Lavoro [3a parte] di G.Intaglietta

E’ invece di tutta evidenza che nel momento in cui lavorando meno si produce comunque tutto quello che serve, il problema si riduce unicamente al mantenimento degli equilibri tra le varie economie mondiali. 
 
Chiaramente questo equilibrio è condizione necessaria, ma non sufficiente. 
Non è ipotizzabile infatti che nel mantenimento degli assetti, le singole imprese, ma anche il settore pubblico possano sostenere i costi di una riduzione dell’orario di lavoro. Questa operazione, per avere successo deve essere in grado di finanziarsi permanentemente.
Ed anche a questo è possibile fornire una soluzione. Questo finanziamento infatti si otterrebbe dalla somma di vari elementi:
  • I guadagni di produttività derivanti da una riduzione dell’effetto ‘affaticamento’ (che fa decrescere la produttività oraria col passare delle ore di lavoro).
  • Un contributo salariale. Sicuramente il più difficile da accettare per i lavoratori, e proprio per questo dovrebbe avere uno sviluppo diluito nel tempo. Piuttosto che tagliare il reddito la soluzione potrebbe prevedere una compressione della loro crescita nel tempo.
  • Infine, anche per gestire il punto precedente, dovrà esserci un finanziamento pubblico, sicuramente limitato nel tempo, che agevoli questa transizione, ma che dovrà necessariamente avere una scadenza.
Ma se questa operazione, opportunamente gestita, potrebbe avere un saldo, tra vantaggi e svantaggi, sicuramente positivo, perché non si sviluppa? Una probabile spiegazione è data dall’uso (e abuso) di quello che nel mondo della finanza è chiamato benchmarking: un processo continuo di misurazione di prodotti, servizi e prassi aziendali, mediante il confronto con i concorrenti più forti.
Metodo che porta inevitabilmente ad adottare comportamenti non prevalentemente in base ad analisi e pareri propri, ma basandosi soprattutto sull’orientamento generale di investitori più potenti. Possiamo definirle economie di imitazione. Grazie a queste il dispendio di energie si può minimizzare ed il risultato non si discosterà da quello medio.
Questa pratica si è propagata in tutti i settori, copiare i prodotti, le idee, i processi è diventata una pratica diffusa e la globalizzazione (di cui si è precedentemente parlato) ha amplificato enormemente le possibilità di praticarla.
Proprio questo sembra dare risposta al quesito.
Il timore di percorrere da soli (e soprattutto per primi) una nuova strada disincentiva. Il rischio di perfezionare un sistema, sostenerne i costi in termini di sperimentazione ed in termini di svantaggio relativo (seppur momentaneo) scoraggia le iniziative in quella direzione.
Ma le evoluzioni geopolitiche degli ultimi decenni offrono nuove prospettive.
L’Unione Europea è ormai una realtà consolidata (nonostante la sua crisi attuale e la crisi della sua moneta), ed uno dei settori in cui questa struttura sovranazionale è stata attiva è proprio il mondo del lavoro, anche se con risultati, non sempre positivi
 
Un passaggio fondamentale è infatti definito dall’articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, con il quale si stabilisce la libera circolazione, su tutto il territorio europeo, dei lavoratori appartenenti ai vari Stati membri. Questa però è una operazione che rimane all’interno dei propri confini geografici, ma l’Unione Europea rappresenta più di un quarto dell’economica mondiale, e potrebbe permettersi una azione pionieristica nella direzione di una riduzione dell’orario di lavoro.