R E F E R E N D U M   2

IL 4 dicembre si vota per il referendum sul cambiamento della Costituzione.

 

La Carta Costituzionale stabilisce le regole della convivenza civile e la convivenza civile è convivenza tra diversi.

 

A sentire il presidente del consiglio, Matteo Renzi, si ha l’impressione, eufemismo, che lui non intende quanto detto sopra: convivenza tra diversi.

 

Infatti ha definito tutti coloro che votano no “accozzaglia”.

 

Si potrebbe ribattere che lui è in compagnia dei Verdini, De Luca ed altri pluri-inquisiti.

 

Ma non scendiamo al suo livello.

 

E’ necessario, però, ricordare che egli è il presidente ed in tale veste, purtroppo, è il presidente di tutti gli italiani, sia che votino sì o che votino no.

 

Questo ruolo dovrebbe consigliagli maggiore riflessione.

 

Gli va ricordato che in alcuni casi la forma è essa stessa sostanza.

 

All’inizio, il nostro, a definito la vittoria de no, un diluvio.

 

Per ora l’unico diluvio è la sua presenza, debordante, su tutte le reti TV.

 

Dato che sia lui che il ministro Boschi hanno detto di ispirarsi Fanfani, aretino come lei.

 

Giova ricordare che Amintore Fanfani, quando concesse l’accesso alla Tv anche all’opposizione venne accusato, dai colleghi di partito, DC, di dare spazio ai comunisti.

 

Al che Fanfani rispose: cari colleghi non dovete confondere gli interessi di partito con quegli dello Stato.

 

Una bella lezione per questi rampanti sfrontati.

 

Fanfani seppe tenere la schiena dritta davanti ai così detti poteri forti, il quarto partito, come diceva De Gasperi, riferendosi alla Confindustria.

 

Lo stesso Andreotti, pur chiacchierato, ebbe il coraggio di dire a lor signori se volete governare dovete farlo alla luce del sole.

 

Poiché con certe “soluzioni” (tipo la schiforma di Renzi) si vuole solo minare il voto universale.

 

Cosa che si accinge a fare questa “riforma”: come fatto con le province, ci sono ancora, l’unico cambiamento è che non si vota più.

 

Stessa cosa accadrà, se vince il sì, per il senato: resterà senza il voto dei cittadini.

 

L’intento, neanche tanto mascherato e di spostare il perno delle decisioni sull’esecutivo, segnatamente sul presidente del consiglio.

 

Il Parlamento e gli altri organi di controllo sono dei “fastidi”, per il conducator, possono esistere

 

solamente se “funzionali” a questa impostazione.

 

Devono rassegnarsi ad un ruolo di mero belletto.

 

Una riflessione di insieme:

 

questa riforma travolge l’indipendenza del presidente della Repubblica, rendendolo ostaggio della maggioranza – artificiosa – ; pone le premesse per una Corte Costituzionale addomesticata; mette, pesantemente, le mani sul CSM, rendendo inefficace ogni limite ad ulteriori riforme costituzionali.

 

E’ lo scenario di un regime!

 

Forse tutto ciò non è (?) nelle intenzioni dei propositori; ma non è necessario, perché non è detto che al governo restino quegli che la stanno proponendo.

 

Così si attua quanto previsto dal documento di JP Morgan: i cittadini hanno troppi diritti    ed almeno ogni 5 anni votano anche.

 

Renzi conosce JP Morgan, la banca che gli ha suggerito il siluramento di Viola AD di MPS.

 

Per queste ed altre ragioni è preferibile votare NO.

 

Comunque Renzi non andrà via, lui non è Cameron, non va nemmeno se lo si spinge con le ruspe.

 

A meno che, chi lo ha messo su e lo sostiene, non decida di mollarlo.

 

A maggior ragione votare No è cosa buona e giusta.

 

 

 

 

 

PENSIONI

Intanto occorre sfatare un convinzione abbastanza diffusa: le pensioni sono una “invenzione” dei socialisti, comunque della “sinistra”.

 

Non è così.

 

Il primo che istituì le pensioni, fu il cancelliere prussiano Otto Von Bismarck, regnante il kaiser Guglielmo.

 

A questi due tutto si può dire tranne di essere di sinistra.

 

La Prussia guglielmina, si stava avviando verso una industrializzazione d’avanguardia, cosa che ha fatto grande la Germania.

 

A quei tempi, siamo nel XIX secolo, la Germania non era come la conosciamo ora.

 

Allora come oggi, cera è c’è la necessità che le classi meno abbienti dovevano avere di che sostenersi.

 

Ciò era ed è funzionale anche a vivacizzare il mercato = consumi = lavoro = guadagno per i capitalisti.

 

Come si evince tutto, poi, ritorna.

 

La fette maggiore, anche delle tasse, è matematico, avvantaggia coloro che più guadagnano!

 

Questa rete “protettiva” e comune in tutta Europa, anche se in modi diversi.

 

Normalmente la conosciamo sotto la voce Welfare.

 

Ed è appunto questa voce che ha permesso, all’Europa, di affrontare la crisi, le, in maniera meno drammatica, rispetto agli USA.

 

Ovviamente il sistema, pensionistico, nel tempo si è evoluto, anche in base alle risorse prodotte.

 

Un dato costante è che le pensioni sono, di fatto, una forma assicurativa.

 

Non è un caso che viene chiamata previdenza.

 

In Italia l’assicurazione è l’INPS, acronimo di: Istituto Nazionale Previdenza Sociale.

 

Il “premio” assicurativo è versato all’INPS dai lavoratori e dai datori di lavoro, che ovviamente gli conteggia come salario non erogato direttamente.

 

Quindi il versamento totale è più tosto cospicuo e va nel fondo pensioni.

 

Negli anni 50 e 60 il fondo era talmente cospicuo che fu usato a fini assistenziali.

 

Furono erogate pensioni perfino ai coltivatori diretti, attingendo al fondo pensioni.

 

Attenzione non si vuole fare la guerra tra “poveri”, ma l’assistenza va fatta con la fiscalità generale, non con i fondi pensioni.

 

Ciò vale soprattutto per le così dette pensioni minime di fatto sussidio a chi non ha diritto alla pensione.

 

Siccome a pagare è sempre l’INPS, la non chiarezza regna sovrana.

 

Infatti tutte le volte che si mette mano (manomettere) le pensioni; tutti proclamano solennemente, che bisogna separare l’assistenza dalla previdenza.

 

Fino alla prossima volta.

 

In Italia la riforma più “organica” e quella conosciuta come riforma Dini.

 

In sintesi: istituzione del sistema contributivo con abbandono graduale del sistema retributivo.

 

Venne anche istituita la pensione integrativa per compensare la riduzione dell’assegno.

 

Un po’ tutti i governi anno messo mani alle pensioni, con modifiche più o meno sostanziose.

 

Fino alla così detta legge Fornero che ha allungato, a dismisura, l’età pensionabile, fino ad arrivare al paradosso che in Italia si va in pensione più tardi che in Germania.

 

C’è da dire, a detta di tutte le persone sagge, che quando si mette mano alle pensioni, occorre avere una visione almeno trentennale, per valutare eventuali conseguenze.

 

Altrimenti ci si trova di fronte ai così detti esodati: senza lavoro e senza pensione.

 

Poi ci si trova di fronte a dei veri improvvisatori che propongono una medicina peggiore del male.

 

Cioè andare in pensione anticipata chiedendo il mutuo alle banche.

 

Si è visto di tutto, ma questa mai!

 

Questa proposta ha una sottile insidia: lo stato non si interessa più delle pensioni.

 

Nessuno dice che uno dei buchi più consistenti dell’INPS è dovuto al fatto che gli enti locali non versano i contributi dei loro dipendenti e molti crediti sono, ormai, prescritti.

 

Quindi lo stato non solo non si interessa delle pensioni, ma addirittura è evasore contributivo.

 

Ci si domanda con quale autorità morale chiede agli altri il pagamento del dovuto.

 

La verità, che nessuno vuole vedere, è che c’è un sistematico attacco allo stato sociale, che viene dal lontano.

 

Pianificato e programmato dal “nucleo cesareo del potere”.

 

Questi decisori, a fronte delle lotte, che chiedevano nuovi diritti, decisero che il Welfare State, aveva generato “nuove” richieste consolidandoli come diritto.

 

Questo, per loro, non era accettabile, cosi cominciarono la lunga marcia, per smantellare, alla radice, il Welfare e chi ne fu l’artefice: il compromesso socialdemocratico.

 

Le “riforme” di Renzi vanno in questa direzione.

Nota: le riforme Dini/Fornero, portano il loro nome, in quanto ministri del lavoro, ma sono state d

SANITA’

Il problema sanitario, meglio, la cura delle persone, si è posto fin dall’alba dei tempi.

 

A parte i sacerdoti, che si ispiravano al “cielo” e che definivano la malattia un castigo di dio, quegli più vicini agli odierni medici erano i maghi e gli stregoni.

 

Il mago “curava” le malattie interne, quindi invisibili, con danze, preghiere ed altro, quasi sempre inutili.

 

Lo stregone curava i mali visibili, fratture, morsi di animali, bruciature ed altro, con rimedi naturali erbe ed altri prodotti naturali.

 

Lo stregone era tenuto in considerazione dalla società, che di fatto lo “manteneva”.

 

Oggi diremmo che era a carico della fiscalità generale.

 

Fino al XVIII e XIX secolo la medicina era piuttosto, ancora, ampiamente empirica.

 

Bisogna aspettare l’inizio del XX secolo per avere la medicina scientifica.

 

Comunque la cura non era per tutti.

 

Durante l’800, per esempio, gli ospedali non erano come gli conosciamo oggi.

 

Erano quasi un ricovero per i poveri ed erano cosi-dette opere pie, cioè la carità come istituzione.

 

Infatti gli ospedali erano gestiti dai ricchi o dal clero.

 

Questo sulla scia delle signorie, Firenze, Siena Milano Bologna ed altre grandi citta.

 

Spesso veniva eretti da grandi architetti, quasi dei monumenti per il signore di turno.

 

Sostanzialmente si è arrivati, con tale tipo di gestione fino agli anni sessanta, attraverso delle forme para-assicurative: le mutue.

 

Che dispensavano tanti sciroppi e poca prevenzione.

 

Con il progresso sociale e le lotte si è arrivati alla istituzione del servizio sanitario nazionale, per una sanità di tipo universale.

 

Molti non ricordano che i “distretti” si chiamarono USSL = Unità Socio Sanitaria Locale.

 

Poiché nell’intendo del legislatore la cura sanitaria non poteva essere disgiunta dalla situazione sociale.

 

La controriforma ha cominciato ad eliminare la socialità, per finire ad oggi ASL = Azienda Sanitaria Locale.

 

E’ vero che l’italiano è una lingua molto ampia ed elastica, ma le parole hanno un senso: Azienda vuol dire che entrate/uscite devono essere in pareggio.

 

Domanda: la cura di una persona può essere un affare?

 

Pare di sì.

 

Infatti si è “aperto” ai privati, dandogli la polpa, lasciando le ossa al pubblico.

 

Oggi la sanità subisce un nuovo sottile attacco.

 

La gestione regionale non ha sortito i risultati sperati, anzi la sanità è diventata zona di scorribande di politici ed avventurieri senza scrupoli.

 

Basti guardare la Lombardia.

 

Nell’eccellenza sanitaria figura, al primo posto il Veneto.

 

Però con un punteggio che va da 0 a 1 fi ferma a 0,63: appena la sufficienza.

 

Ora ciò non vuol dire che vi sia la necessità di razionalizzare e/o ridurre dei costi, possibilmente senza aggravanti per i pazienti.

 

Altrimenti, come già sta già avvenendo, si torna all’antico: si cura solo che ha i soldi.

 

In alcune regioni, in particolare quelle del sud, tra l’11% ed il 15% rinuncia alle cure, per ticket costosi.

 

Nelle altre regioni il fenomeno è più limitato ma esiste.

 

Francamente dopo la miriade di scandali, fatture gonfiate dei privati e mazzette, è giusto indignarsi per un ulteriore riduzione dell’assistenza stessa.

 

Non basta che il ministro della sanità, Beatrice Lorenzin, dice che se vince il sì al referendum, tutti staremo meglio.

 

 

BREXIT 1

                                                B R E X I T     1

Il significato do Brexit è l’unione di due parole inglesi: Britain + exit (Britain = Regno Unito e exit = uscita).

Il termine è stato costruito dalla stampa e fa il paio con Grexit.

Il 23 giugno 2016 i cittadini britannici hanno votato un referendum con cui si chiedeva di votare di uscire o rimanere nell’Unione Europea.

Ha vinto l’exit.

Questo referendum è nato male ed è finito peggio!

E’ stato voluto dall’ex Premier David Cameron, per “regolare” i conti – posizioni diverse- all’interno dei Tory (partito conservatore).

Finito male poiché Cameron era convinto di poter stravincere il referendum. Forte dell’appoggio della finanza, dell’industria e di tutto il parlamento. Tant’è che molti dicevano che anche a fronte di una vittoria dell’exit, il Parlamento non avrebbe mai “approvato” tale responso.

Dopo la vittoria dell’exit, tutti si son dovuti ricredere: Cameron si è dimesso, giustamente, -dimissioni vocabolo sconosciuto in Italia.

Ma a fronte del responso referendario si può affermare che il re è nudo!

Nudo in quanto la classe “dirigente”, non solo i politici, non era in sintonia con i cittadini. E questo è esiziale.

Ciò dovrebbe far riflettere, dato che da un po’ di tempo i cittadini votano “contro” i promotori dei referendum sparti-acque, es: Scozia, Brexit e Ungheria.

Ora non ci resta che affrontare le conseguenze del risultato, cioè l’uscita della Gran Bretagna dalla Unione Europea, attraverso il trattato che prevede le procedure finalizzate, appunto all’uscita.

Ovviamente le opinioni sono differenti e a volte anche contrastanti, quasi inconciliabili.

Ma non vi è dubbio che l’Unione Europea, pur con tutte, tante, contradizioni costituisce un potente fattore economico.

Tutti i paesi che ne fanno parte, ne’ hanno hanno beneficiato, chi un po’ di più e chi un po’ di meno, ma ne complesso è stato un bene in se’.

Certamente i problemi più evidenti e deleteri sono gli aspetti “burocratici” che non fanno che allontanare i cittadini e raffreddano “l appartenenza” all’Unione.

Questo è dovuto al fatto che non esiste una vera e propria Unione, ma è rimasta un’assieme di Paesi e la commissione non ha nessun potere, tranne quello di attuare quanto decidono i capi di stato.

Inoltre qualsiasi decisione non può che essere presa all’unanimità, quindi ogni stato può mettere il veto se una decisione che non gli aggrada, cosa che la Gran Bretagna ha fatto molte volte.

Questo non ha fatto altro che alimentare i piccoli interessi di bottega, segnatamente i paesi est Europa di recente aggregazione, che hanno fruito in modo più che proporzionale degli “aiuti” dell’UE.

Però, anche con questo quadro non confortante, l’U E, rappresenta un formidabile blocco economico, con una platea di 500 milioni di cittadini/consumatori.

Questo fa sì che gli altri Paesi cercano di fare trattati commerciali, compresi i colossi come USA e Cina.

A fronte dell’uscita della Gran Bretagna, questa, oggettivamente, si troverebbe svantaggiata sia per il commercio, export di merci da e per l’Europa ma soprattutto per la finanza.

La City di Londra è il mercato finanziario più importante d’Europa. Ma lo sarà anche con la brexit?

Pare proprio di no.

Anche HSBC, la più grande banca inglese, dice che dislocherà circa un migliaio di dipendenti fuori della madre patria.

Goldman Sachs prevede un abbassamento del Pil dovuto ad una restrizione delle esportazioni verso l’UE.

Ovviamente delle ripercussioni ci saranno anche se in varia misura anche per gli altri membri UE e qualcuno cercherà di approfittare di questa situazione per diventare la piazza finanziaria; l’Irlanda e la Francia non fanno mistero di tale aspirazione, segnatamente la Francia, che sogna Parigi come la nuova City finanziaria.

Sia la Gran Bretagna che l’UE, in particolare la Germania, cercheranno di effettuare una uscita meno traumatica possibile.

L’Inghilterra cercherà di avere il massimo dei benefici ed il minimo degli effetti negativi.

Ma certamente su un punto l’UE non potrà transigere, la libera circolazione delle merci, non può essere disgiunta dalla libera circolazione dei lavoratori.

Così è avvenuto con la Norvegia e con la Svizzera. Altrimenti si innesca l’effetto domino.

Un’ultima noterella, per quegli inglesi che dicono che danno più di quanto ricevono; Il 25% del bilancio UE per la ricerca è a favore della Gran Bretagna; ciò significa circa 3000 ricercatori che potrebbe perdere.

In conclusione si può affermare che sparare sul pianista, l’UE, come fanno molti, compreso Renzi, non risolve i problemi ma serve soltanto ad individuare il nemico, allontanando il “momento della verità”.