REFERENDUM
Il 22 ottobre la Lombardia ed il Veneto sono chiamate alle urne per esprimere il parere su una maggiore autonomia regionale.
Tali referendum sono stati indetti dalle rispettive amministrazioni regionali.
I presidenti sono tutti e due della lega e guidano una giunta di destra.
Sia Maroni, Lombardia, che Zaia, Veneto sono entrambi ex ministri.
Zaia è stato ministro dell’agricoltura.
Maroni è stato inquilino del Viminale, sede del ministero degli interni; ministero di grande peso politico.
I due sono stati ministri con Berlusconi, presidente del consiglio.
Governi che con lo slogan “non mettere le mani nelle tasche degli italiani”, cioè non aumentare le tasse, tagliava i trasferimenti a regioni ed enti locali.
Quindi “costringeva” loro di mettere le mani in tasca ai cittadini = aumento delle tasse
Indicativo le addizionali Irpef, il centro non lo aumentava e diceva agli enti locali: volete più soldi? Aumentate l’Irpef.
Non sembra una posizione di rendere autonomia alle regioni!
Non risulta gesti clamorosi, da parte del loro partito (Maroni e Zaia) per bloccare quella deriva.
Visto che si chiede più autonomia e no la secessione, maggiore autonomia si può raggiungere con un confronto con il governo centrale.
Cosa che deve essere fatta anche all’indomani del referendum.
Se così è, ed è, il referendum è solo uno strumento politico e non ha nessun valore giuridico.
Si noti bene, senza assegnare punti a nessuno, la legge che ha portato dell’autonomia vera alle regioni, è stata la modifica del titolo quinto della Costituzione.
E la attuata un governo di centro sinistra.
Si può obiettare tutto su tempi, modalità ed altro, ma resta comunque una delega data alle regioni.
Una valutazione sulla gestione autonoma non ha dato grandi risultati, anzi.
In questi tempi di “magra” ove bisogna contenere i costi, ha detta di molti, dicono che i veri centri di costo, fuori norma sono proprio le regioni.
Questi giudizi sono corroborati da scandali e scandaletti che hanno coinvolto un po’ tutte le regioni e di qualsiasi colore.
Nella sanita’ che fa capo esclusivo alle regioni, si sono verificati i maggiori scandali.
Pare anche ovvio poiché la voce sanità vale il 70% dei bilanci regionali.
In Lombardia sono stati coinvolti il presidente Formigoni, il vice di Maroni assessore alla sanità, si è dimesso.
L’ex senatore Rizzi, da Besozzo, del partito del presidente e factotum per la sanità, dato che la delega la avocata Maroni.
Sono indagati tutti per “ mazzette ” dalla sanità “privata”. Privata solo negli utili!
Ciò denota una linea che va nella direzione di un “contenimento” della sanità pubblica a vantaggio del privato.
Nulla contro il privato, ma non a spese dello stato, cioè dei contribuenti, per chi paga le tasse.
Non va meglio per le strade:
la Pedemontana, sponsorizzata, dalla lega è sull’orlo del fallimento; anche la così detta Bre-Be-Mi ( Brescia-Bergamo-Milano), privata ma regione deve intervenire per colmare mancati introiti.
Certo il governo centrale continua a creare problemi, esempio la così detta abolizione della province. L’unica cosa che hanno abolito sono l’elezione amministrative provinciali.
Le comunità montane, queste sconosciute, nessuno sa a cosa servono e di cosa si occupano.
Sono solo centro di spesa e per la sistemazione di qualche trombato di turno.
Il governo non ha avuto il coraggio di cancellarle, demandato il compito alle regioni, che ne hanno solo accorpate un po’.
Questo è solo un campione, non esaustivo, delle inadempienze regionali.
Un cittadino avulso dai giochi politichesi, si domanda: a cosa serve la maggiore autonomia, se questo è il risultato?
Se bisogna rifare la copia, più piccola dello stato centrale, che centra con l’autonomia?
Solo a moltiplicare i centri di spesa.
Basta ricordare un solo fatto: ogni regione ha costituito ambasciate regionali.
Pazzesco!
Quanto detto dalla Meloni, di Fratelli d’Italia, alleati in regione, potrà non piacere a Maroni, ma corrisponde al vero.
La stessa sostiene che è un referendum inservibile ed fatto solo a fini propagantistici.
Secondo Roberto Maroni e Luca Zaia, il referendum serve ad aprire un confronto con il governo per una maggiore autonomia.
I nostri dimenticano di dire che: l’articolo 116 della Costituzione, non impone il referendum per aprire un confronto tra regione e governo centrale.
Dimenticano di dire, ai cittadini della Lombardia e del Veneto, che la materia fiscale, non è materia che possa essere sottoposta a referendum.
Pertanto, ha ragione la Meloni.
E’ solo propaganda del partito della lega, a spese di tutti i cittadini.