Ovvero le aziende comunali che erogano i servizi, propri dei comuni, per cui paghiamo le tasse.
Quindi lo scopo di dette società è, per l’appunto, la fornitura del servizio.
Orbene da un po’ di anni è avvenuto un mutamento genetico delle municipalizzate.
Il mutamento è avvenuto con l’unione di più società comunali, soprattutto dei grandi comuni, così sono diventate dei “giganti” finanziari, quotate in borsa e le chiamano multiutility, è più fico di multiservizi; forse per far dimenticare che devono, dovrebbero, erogare servizi.
Solo a mo’ d’esempio e solo le più grandi.
– Roma:
Ama = raccolta e smaltimento rifiuti urbani
Atac = trasporti urbani (metrò, tram, bus)
Acea = erogazione acqua ed energia elettrica
– A 2 A inizialmente fusione tra Milano e Brescia (ora copre una buona fetta di Lombardia).
– Hera > Bologna, Modena, Ravenna, Rimini, Padova e Trieste.
– Iren > Torino, Genova, Reggio nell’ Emilia, Parma.
Queste, come si diceva, sono le più grandi, quotate in borsa, ed hanno una pletora di controllate:
Acea- 33, A2A- 43, Hera- 38, Iren 27.
Sono dei veri e propri giganti, sia pe fatturato che pe numero dipendenti:
A2A dip. 12.000, fatt. 4,7 mld utile netto 173 mln;
Acea dip. 7.000, fatt. 5,2 mld utile netto 570 mln;
Hera dip 8.300, fatt. 4,0 mld utile netto 670 mln
Iren dip. 4.500, fatt. 4,6 mld, utile netto 350 mln.
Come si può dedurre ci si trova di fronte a cifre importanti e fanno gola ai privati, che spingono verso una ulteriore “privatizzazione”.
Ovviamente questi campioni del privato, intendono privatizzare i profitti, non effettuare manutenzione o nuovi investimenti e quando il “limone” è ben spremuto e non dà più succo-profitti- lo si restituisce al pubblico, che effettua gli investimenti, risana e riporta la società in economia, così e pronta per essere ri-privatizzata.
Così ricomincia il ciclo. Non male. Il grande Totò avrebbe detto: a me l’idea piace.
Purtroppo nemmeno la gestione pubblica brilla.
E’ più attenta all’andamento di borsa che alla soddisfazione degli utenti cittadini.
Esemplare il caso dell’Iren, ove Fassino, prima delle elezioni, perse, ha nominato alla presidenza, un uomo di finanza, detto indebitator, in quanto da assessore al comune di Torino, ha sottoscritto contratti, per l’amministrazione, di pericolosi derivati.
Quindi non una persona che si intendesse di energia, rifiuti, ambiente come sarebbe normale.
Singolare il caso di Genova, ove spesso le strade vengono allagate per lo scoppio dei tubi dell’acqua. L’amministratore, di Iren, fa voli pindarici, per non dire che i tubi scoppiano perché privi di normale manutenzione.
Stessa cosa a Firenze.
Basti citare il crollo del Lungarno vicino a Ponte Vecchio e gli Uffizi, crollo dovuto alle perdite dell’acquedotto, gestito da Publiacque, società ove sono transitati, come amministratori quasi tutto il giglio magico di Renzi.
Anche in Emilia il gigantismo di Hera, incomincia a non piacere più.
Diversi sindaci incominciano a valutare il distacco da Hera.
Anche perché vi sono studi che è possibile fare la massa utile ai fini delle economie di scala per servire un bacino di 150-180.000 utenti.
A Roma le cose sono anche più complicate.
Ama, l’azienda per i rifiuti, con circa 8.000 dip., è stata usta più per fare clientele che per pulire le strade (Alemanno, sindaco, in 4 anni ha assunto oltre 1.000 persone, su un organico già ridondante).
I rifiuti venivano “consegnati” ad un privato, ovviamente dietro pagamento, che la accumulava a Malagrotta-discarica.
Marino, sindaco, ha chiuso Malagrotta, anche perché lo imponeva l’Europa, senza, però, creare, prima, un alternativa.
Così le immondizie sono rimaste nelle strade di Roma!
In Acea, Azienda Comunale Elettricità Acqua- fondata nel 1909, le cose non vanno meglio.
Il comune, pur avendo la maggioranza delle azioni, il 51%, di fatto lascia gestire al privato, la politica si accontenta del sottobosco clientelare.
Francesco Gaetano Caltagirone, costruttore e proprietario de Il Messagero, il più grande giornale di Roma, con il 16%, era il”cartaro”.
Con l’elezione della Raggi, prevedendo che le cose cambiavano, ha venduto una quota delle sue azioni a SUEZ (gruppo francese), già azionista Acea.
Ma Acea, con la miscela Caltagirone-politica ha ridotto la società ad un eldorado straccione.
Acea non è in grado di far pagare in maniera chiara e corretta i consumi di acqua e elettricità.
Le così dette bollette pazze, poiché si emettevano bollette per sei mesi o addirittura per un anno.
La rilevazione è affidata ad una società, vicina alla politica, e non riesce a dialogare con la società che emette materialmente le bollette.
La ciliegina è che c’è una società di call center per chiedere lumi sulle bollette. Tale società si chiama E-care ed è di Alfio Marchini, candidato sindaco a Roma.
Così hanno fatto filotto!!
Come emerge le colpe maggiori sono in capo alla politica, in quanto deve dettare delle regole, che abbiano al centro il fabbisogno dei cittadini utenti, non altro.
Non è tabù che i servizi possano essere gestiti da privati.
L’importante è che sempre gli interessi della comunità, non venga sacrificato al profitto.